Luigi, figlio primogenito del marchese di Castiglione Ferrante Gonzaga e dalla contessa Marta di Santena, nacque il 9 marzo del 1568.
Educato dall’infanzia alla vita militare, sentì presto il desiderio di una vita dedicata al Signore e al servizio del prossimo: a Firenze, dove era stato inviato col fratello Rodolfo per familiarizzare col mestiere delle armi e la vita di corte, il 15 agosto 1578 nella chiesa dell’Annunziata consacrò intimamente la sua vita alla Madonna.
Di carattere determinato e ostinato, rifiutava i fasti e gli onori, sostenendo che “le ceneri di un principe non differiscono da quelle di un poverino, se non che forse sono più puzzolenti”; penitente per amore a Gesù crocifisso, castigava quella parte di sé che era solidale col potere e col lusso, considerandosi “un pezzo di ferro contorto che deve essere raddrizzato”.
Pur osteggiato fortemente dal padre, ottenne di rinunciare al marchesato e all’eredità per entrare nel 1585 nella Compagnia di Gesù, proprio per evitare ogni tipo di carriera ecclesiastica, secondo la regola dei gesuiti.
A 17 anni iniziò il noviziato, scegliendo il motto “Come gli altri”, ad indicare il desiderio di evitare ogni trattamento di favore dovuto al suo lignaggio. Guidato da educatori saggi e paterni, sciolse un po’ della sua durezza austera, imparò l’allegria la tenerezza e la disponibilità gioiosa, oltre a diventare consapevole della genuinità della fede basata sull’appartenenza alla Chiesa di Cristo: riteneva la vita religiosa come una nave che va avanti e fa progredire nel viaggio “sia quelli che per obbedienza stanno chiusi, sia altri che si affaticano a remare”… è la compagnia di Gesù, lo stare con lui e con i suoi ad aggiudicargli la salvezza, non tanto la sua personale bravura o il titolo nobiliare.
Sul finire del 1590, Roma è colpita, prima dalla siccità, poi dalla carestia; viene saccheggiata da folle di contadini affamati e, infine, è travolta da una epidemia di diverse malattie infettive che miete numerose vittime, anche illustri. I gesuiti mettono a servizio dei malati sia se stessi che parte della propria casa romana. Luigi non si tira certo indietro, girando tra i palazzi nobiliari per chiedere l’elemosina e distinguendosi nella cura dei poveri e degli ammalati. Diceva “bisogna prenderli tra le braccia come se prendessimo dalle braccia di Maria il Corpo stesso di Gesù”.
Proprio in questo modo, trasportando sulle spalle un moribondo, rimase contagiato. Morì il 21 giugno 1591, a soli 23 anni, dopo quattro mesi a letto, lasciando scritto alla madre “non piangete come morto uno che ha da vivere per sempre davanti a Dio”.
Beatificato da Paolo V, su pressione popolare, a soli 14 anni dalla morte e con la madre ancora in vita; venne canonizzato nel 1726 da Benedetto XIII. Le sue spoglie riposano a Roma, nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio.
Pio XI lo proclamò patrono della gioventù nel 1926.
È considerato per i giovani un modello di adesione al disegno di Dio, di purezza, ma anche di abnegazione e rifiuto di ogni privilegio sociale, oltre che martire del volontario servizio al prossimo.