In tempi antichi, il popolo ebraico ha elaborato, rispetto agli altri popoli, l’idea di un Dio unico: un’idea centrale e distintiva per Israele, fondata sull’esperienza di relazione con un Dio che è amore… e l’amore è uno ed è eterno.
Questa idea dell’unità dell’amore, – che è Dio – sembra rispondere alla pretesa varietà e multiformità sbandierata oggi a proposito dell’amore: c’è l’affetto, la simpatia, l’amicizia, il volersi bene, il feeling, e… c’è l’amore, che però è una realtà a fisarmonica, che va e viene a seconda dei sentimenti, delle emozioni e dei mutamenti del proprio carattere, o di come ci si percepisce in quel momento. È provocatorio, oggi, quasi scandaloso dire che l’amore esiste, è possibile e si può vivere… anche se è faticoso, esigente, esclusivo. Esiste ed è per sempre, è eterno!
Gesù – e la tradizione cristiana – ci ha fatto conoscere il volto di questo amore, che è talmente forte, talmente grande, “talmente” eterno… da non essere un monolite impenetrabile, ma una comunità di tre persone, non un amore tra un io e un tu, ma una comunione che si apre ed esige di condividersi.
La solennità che celebriamo quest’oggi ci dice, da un lato, la verità dell’amore di Dio in tutta la sua profondità e il suo donarsi a noi; d’altro canto, però, ci ricorda che siamo fatti a immagine e somiglianza di un Dio così e ci stimola a diventare sempre più capaci di incarnare un amore di questo tipo: un amore che dona e accoglie, un amore che dà vita, un amore che si apre e si comunica… un amore grande che ci orienta gli uni verso gli altri, ci chiama ad “essere per” gli altri, ci costituisce comunità.