Le festività natalizie pongono accanto al protagonista del mistero celebrato – Gesù bambino – alcuni personaggi minori – i pastori – che hanno però una loro dignità e possono essere per noi dei veri modelli in questo Natale.
L’evangelista Luca, che racconta la nascita di Gesù a Betlemme e l’annuncio degli angeli ai pastori, ci dice anche la reazione stupita di queste persone che passavano la notte con i loro greggi sotto il silenzioso cielo stellato.
I pastori decidono di andare senza indugio a vedere cosa è successo a Betlemme.,, cioè: non si accontentano della notizia, ma vanno a vedere.
Anche a noi non basta, non può bastare una fede per sentito dire: c’è bisogno di fare esperienza di Gesù Cristo, di andare, di vedere, di toccare con mano la verità che ci è rivelata e la salvezza che ci è donata.
Giunti a Betlemme, trovano il segno annunciato dagli angeli: un bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia.
Dio usa segni molto semplici, poveri… quasi banali. Noi vorremmo una manifestazione inequivocabile di Dio in tutta la sua potenza e invece lui si fa conoscere per come è: una potenza di amore! Una cosa è certa, però: il Signore, se ti metti a cercarlo, prima o poi lo trovi… e così anche noi, come i pastori, se lasciamo che la nostra fede ci metta in cammino, non possiamo che andare a sbattere il naso in quei segni di amore che mette sui nostri passi.
I pastori poi dicono (a Maria e Giuseppe) ciò che hanno a loro volta sentito dall’angelo.
La fede non è mai un’esperienza solo individuale, intima, spirituale: la fede ha in sé l’esigenza di essere condivisa, comunicata… Gesù non è “mio”, ma viene per tutti e anche la sua presenza nella mia vita e nella mia storia non me la posso tenere gelosamente per me, ma deve farsi, nel suo piccolo, annuncio.
Il racconto dei pastori suscita delle reazioni: lo stupore dei presenti e la meditazione di Maria.
Gesù non lascia indifferenti! Se accade questo, significa che abbiamo ancora il cuore troppo indurito dalle ferite della vita o dal nostro egoismo… ma anche in questo caso finisce per non lasciarci indifferenti, ma per trovarci a cogliere in lui un pericolo, una minaccia (come per Erode).
Se accolto con docilità, l’annuncio della fede non può che suscitare stupore e ammirazione: davanti al Signore che compie, attraverso la piccolezza e l’umiltà, cose davvero grandi, non possiamo che fare silenzio e contemplarlo nella sua grande semplicità e nella sua umile grandezza.
E questo stupore, man mano che la fede cresce e matura (Maria ne è un ottimo esempio!), deve diventare un tesoro custodito nel profondo della nostra esistenza, tanto da cambiarla, qualificarla, da lasciarci il segno.
Infine, i pastori tornano alla loro vita di sempre, glorificando e lodando Dio.
L’esperienza della fede ci rimanda sempre nella nostra realtà: non è astrazione, ma ci mette continuamente con i piedi per terra!
I pastori non hanno cambiato vita, nel senso che sono tornati a fare i pastori… così come noi, se incontriamo Gesù e gli facciamo spazio per davvero, non ci ritroviamo poi con un conto in banca più nutrito o con una situazione lavorativa o relazionale migliore: Gesù non cambia magicamente la nostra storia… quello tocca a noi farlo (e non con la magia, ma mettendo in gioco il meglio di noi!).
I pastori, però, sono tornati migliorati dall’incontro con il Bambino di Betlemme: tornano a fare i pastori, ma lo fanno glorificando e lodando Dio… mentre prima, con buona probabilità, erano dediti alla bestemmia e all’imprecazione!
La nostra storia quasi sicuramente non cambierà nemmeno in questo Natale, a meno che noi non decidiamo che avvenga così: facciamo però in modo che, passate le feste, le persone con cui abbiamo a che fare possano trovarci almeno un poco migliorati, un po’ più capaci di guardare il mondo e chi lo abita con uno sguardo positivo, un po’ meno incapaci di ringraziare il Signore per il dono che ci fa.