Padre Dieudonné, frate della Costa d’Avorio, è stato in Italia per completare gli studi.
Ecco la sua intervista:
Come è nato il tuo incontro con i frati cappucci e di conseguenza la tua vocazione?
Innanzitutto voglio rendere grazie a Dio per la mia vocazione. Ho incontrato i frati cappuccini tramite un mio amico, era un aspirante alla vita cappuccina, facevamo parte dello stesso gruppo vocazionale della mia parrocchia in Costa d’Avorio. Lui mi ha parlato dei frati cappuccini e mi ha inviato ad andare con lui per conoscere la vita cappuccina, anche perché ero un aspirante alla vita sacerdotale. Sono andato con lui a un incontro dei frati per gli aspiranti, ho fatto la loro conoscenza, mi sono sentito bene, ho deciso così di camminare con loro. Prima d’incontrare i frati cappuccini avevo già il desiderio di servire Dio come sacerdote, volevo entrare nel clero diocesano; quando avevo 10/12 anni ero un chierichetto, partecipavo alla messa ogni giorno anche con i miei genitori, lì ho cominciato a sentire qualcosa, posso dire una chiamata, ed ho deciso di rispondere a quella chiamata. Dopo gli studi ho deciso di provare, e ho chiesto di entrare dai frati cappuccini.
Cosa ti ha colpito di più dei frati cappuccini?
La vita fraterna, vivere insieme, questa è stata la prima cosa che mi ha attirato alla vita cappuccina; quando sono diventato frate, ho realizzato che la vita fraterna non è facile affatto. Tutti i frati arrivano con la loro educazione, il loro modo di fare, ma comunque per me è stata una bella esperienza, non rimpiango la mia scelta: al contrario avrei avuto dei rimpianti se non l’avessi fatta.
Nella tua formazione hai avuto formatori italiani, ivoriani, camerunesi e hai anche avuto confratelli in formazione con te del Camerun, Benin e altri paesi africani. Ora come valuti sia la collaborazione dell’esperienza dei diversi formatori sia la vostra crescita religiosa insieme ad altri confratelli africani con differenti culture ecc ..
Posso dire che più che qualcosa di diverso per me è stata una ricchezza, nel senso che incontrare altre culture, dà alla persona qualcosa di nuovo.
Personalmente ho avuto alcuni formatori, italiani, all’inizio quando ero un postulante il mio formatore era Padre Paolo Santagostini, poi quando sono andato in Camerun c’erano formatori del Benin e africani. La mia esperienza con gli altri mi ha aiutato a crescere, il lato positivo di questo modo di formazione è che hai la possibilità dell’apertura verso gli altri, verso altre culture, per me è una ricchezza, oggi posso vivere ovunque senza il problema di sentirmi solo. Pur essendo diversi siamo tutti fratelli, la diversità non è un ostacolo ma la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo che non c’è nella mia cultura.
Da cinque mesi circa sei in Italia per studiare: puoi raccontarci dell’esperienza che stai vivendo, e innanzitutto quanti anni ti fermerai?
In Italia mi fermerò per 5 anni, perché inizierò a studiare psicologia, sono qui da quasi 7 mesi, in luglio ho sostenuto l’esame per la lingua, che ho superato con il livello B2 e sono molto contento.
E’ la mia prima volta in Italia, penso che sia un bel paese, con il Covid non è stato facile il contatto con gli altri per il distanziamento, al mio arrivo sono stato accolto qui al Centro Missionario di Musocco dove sono stato per una settimana, poi sono andato al convento di piazzale Velasquez, dove ho cominciato le lezioni d’italiano. Ora ho finito con le lezioni, sto facendo un ripasso di ciò che ho studiato, penso che sarà una bella esperienza per me scoprire gli italiani, la cultura e la gente. Da quando sono arrivato in Velasquez a volte vado alla Mensa per aiutare, là ho incontrato la gente, ho parlato con loro, ho visto anche che la gente semplice, a volte, vive le stesse situazione che ci sono in Costa d’Avorio; la povertà, la perdita del lavoro con il Covid è aumentata, non è facile per tutti.
Quali insegnamenti appresi dai missionari italiani pensi che siano importanti da portare avanti nel tempo in Costa d’Avorio?
Quasi tutti i missionari italiani che sono andati in Costa d’Avorio sono rimasti tanti anni: fra Ernesto Giudici adesso è malato, anche fra Marcantonio Pirovano è rientrato in Italia per la salute, fra Gianluigi Marcassoli è tornato al Padre. Loro hanno donato tutta la loro vita per la missione, e ritengo che il senso del sacrificio è molto importante: come Gesù loro hanno donato la loro vita per gli altri, quello significa che siamo realmente tutti fratelli e sorelle, questo per me è importantissimo.
Fra Oliviero, fra Patrizio e fra Antonio, ancora oggi sono in Costa d’Avorio e la loro presenza è una testimonianza della vita che continua, penso che dovremmo custodire quello che loro hanno dato a noi. Personalmente custodisco il senso del sacrificio per l’amore di Dio, perché loro hanno lasciato la famiglia, il loro paese, parenti, genitori per più di 30 anni, nella vita questo aspetto è molto importare, sapere fare il sacrificio per gli altri, il farsi prossimo: questo è anche il comandamento del Cristo, amare Dio più di tutto e amare gli altri come te stesso.